FESTE TRADIZIONALI ABRUZZO

A cura di Adriana Gandolfi

Nel tradizionale mondo abruzzese il ciclico susseguirsi delle stagioni e dei lavori, veniva scandito da appositi momenti rituali: le feste ed i pellegrinaggi. In questi culti popolari i Santi, ciascuno venerato per proprie specifiche proprietà taumaturgiche, assimilarono spesso caratteristiche e attributi riferibili a più antiche divinità di ancestrale ritualità. Per comprendere meglio i contenuti simbolici delle feste popolari tradizionali d’Abruzzo iniziamo il nostro “viaggio” attraversando due percorsi tematici specifici: FESTE CALENDARIALI e FORME RITUALI.

Feste Calendariali

In epoca pre-industriale e della pre-globalizzazione, gran parte del nostro mondo viveva dei frutti della terra ed il ciclo dell’anno era scandito da cadenze stagionali e ritmi produttivi precisi. Così il calendario festivo si conformava alle esigenze di semina e raccolto, celebrandone i tempi e le ricorrenze. Nel ciclico percorso delle stagioni, le feste annuali che abbiamo ereditato da questa antica cultura agro-silvo-pastorali, tuttora si differenziano in due tipologie basilari: di PROPIZIAZIONE quelle a carattere solare, e di RINGRAZIAMENTO, quelle lunari.

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GENNAIO
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FEBBRAIO
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MARZO
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APRILE
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MAGGIO
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GIUGNO
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LUGLIO
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AGOSTO
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SETTEMBRE
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OTTOBRE
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NOVEMBRE
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DICEMBRE

Feste di Propiziazione

Simbolicamente associate all’astro solare ed alle sue cadenze solstiziali, le feste di propiziazione non sono altro che cerimonie rituali volte allo scopo di ottenere la benevolenza divina per l’abbondanza dei raccolti ed il benessere della comunità. Queste, a loro volta si differenziano in RITI SOLARI ed in FESTE DI RIGENERAZIONE.

>> RITI SOLARI

Questi rituali iniziano con l’accorciarsi del giorno all'approssimarsi dell’inverno, proseguendo a scadenze calendariali, fino a giugno, all'apice del percorso solare. Tipico elemento sacrale che contraddistingue questo genere di eventi è il fuoco, con il quale si festeggiano le ricorrenze solstiziali, soprattutto quella invernale. In Abruzzo, i santi taumaturghi contadini, araldi e protettori del fuoco sacro e purificatore sono due: SAN MARTINO e SANT'ANTONIO ABATE.

San Martino

San Martino, guerriero e viandante, donò metà del suo mantello ad un mendicante mentre, miracolosamente, il sole tornò a riscaldare il paesaggio invernale. Per questo, il clima mite che spesso caratterizza la seconda settimana di novembre viene tuttora definito “l’estate di San Martino”. Per la sua generosità, questo santo è diventato sinonimo di abbondanza e prosperità; è protettore sia della vinificazione, che della panificazione, della famiglia e della fertilità in genere, tanto che, rappresenterebbe anche gli animali maschi fecondatori di mandrie, tra i quali anche gli “umani” cosiddetti “cornuti”, che per una forma insolita di devozione danno vita ad una carnascialesca sfilata con esibizioni allegoriche del fallo.

Sant’Antonio abate

Sant’Antonio abate segna l’ascesa al cielo del nuovo sole che si è rigenerato nella notte di Natale. Per via delle sue “peripezie” agiografiche, da eremita nemico delle tentazioni demoniache è venerato come il santo portatore del fuoco benefico e purificatore: quindi protettore della casa, intesa come focolare domestico, quindi dell’unione familiare e della prosperità. In tal senso il maiale (metafora di abbondanza e benessere “materiale”) ne diventa il tramite simbolico per le comunità agricole d’Europa, che interpretarono erroneamente alcune delle sue peculiarità iconografiche. Di conseguenza, venne considerato protettore anche del bestiame e degli altri animali domestici, così, anticamente questi venivano benedetti sui sagrati delle chiese dopo la messa mattutina del 17 gennaio, giorno a lui dedicato. È il santo contadino per eccellenza portatore di benedizioni. L’aspetto rituale più emblematico, per l’Abruzzo, sono i grandi falò accesi in suo onore, i canti di questua e le sacre rappresentazioni in musica che raccontano delle “Tentazioni di Sant’Antonio”.

>> FESTE DI RIGENERAZIONE

Il tema ricorrente in questo tipo di feste è la rigenerazione della vita, tanto importante nei cicli agricoli. Si ritrovano, in questo contesto, cerimonie di propiziazione agraria e di purificazione collettiva; il periodo calendariale di tali forme rituali si inaugura con la notte di capodanno, per concludersi a primavera avanzata.

FESTE RIGENERAZIONE

Come il Cristo risorge dal suo sepolcro, la natura rinasce infatti dopo la pausa invernale, come risulta evidente considerando l’addobbo dei “sepolcri”, giardini “effimeri” allestiti nelle chiese per commemorare il Cristo morto. Questi consistono in ciotole con lunghi germogli di grano e legumi fatti crescere nella penombra dei fondaci simboleggiando così la sua prossima resurrezione. E’ questo il periodo che la devozione popolare dedica ai riti penitenziali, in relazione simbolica fra la passione e morte di Gesù Cristo e il “fermo” stagionale della natura, come le suggestive processioni del giovedì e del venerdì santo. Alla domenica di Pasqua, invece, la gioia per la rinascita primaverile spezza l’incantesimo del lutto e della penitenza, il colore torna nelle piazze e le campane annunciano la resurrezione collettiva, dopo la penitenza e la purificazione. La Madonna perderà il suo nero mantello, festeggiata dal popolo esultante in diverse piazze di antichi borghi d’Abruzzo.

RITI DEL MAGGIO

Nel periodo prossimo al raccolto, il primo giorno di maggio, tuttora hanno luogo nella regione feste rituali di propiziazione agraria. In alcune zone d’Abruzzo, durante la notte della vigilia del 1° maggio, un gigantesco albero viene tagliato e innalzato nella piazza del paese. Un altro rituale magico-simbolico teso a favorire il rigoglio della vegetazione, prevede la sfilata in paese del così chiamato “maje”, un’alta pertica rivestita da mazzolini di fiori selvatici, che vengono distribuiti alla popolazione. Ad ogni sosta, il gruppo di portatori recita una cantilena augurale alla famiglia ospite, che ricambia offrendo un rinfresco accompagnandolo con offerte varie alimentari.

Feste di Ringraziamento

Gli eventi festivi di questo tipo coincidono con l’epoca che va dal raccolto estivo all’inizio dell’autunno, alla vigilia della transumanza per i pastori e della semina per i contadini; periodo di transizione tra i riti di tipo solare, come le FESTE CEREALI, ed i CULTI LUNARI. I primi sono caratterizzati dall’esposizione collettiva del “dono” che i devoti riservano all’entità protettrice; i secondi, invece, si esplicano con il pellegrinaggio verso luoghi che si ritengono “consacrati” ad entità legate al mondo sotterraneo, al fine di compiere riti di propiziazione per propiziare la fecondità dei campi e delle mandrie.

CULTI LUNARI

Le entità legate ai rituali del ringraziamento sono espressione del mondo sotterraneo e germinativo, associate alla madre terra, dispensatrice di abbondanza e prosperità: L’Arcangelo Michele e la Madonna dell’Incoronata. Entrambi questi protettori sono venerati soprattutto dalle comunità pastorali, che dedicano ai loro festeggiamenti i periodi intermedi tardo-primaverili e autunnali, epoca di transumanza delle greggi dai pascoli di pianura a quelli montani (e viceversa). I luoghi ad essi consacrati si trovano spesso in prossimità dei tratturi, le vie d’erba che, fino al secolo scorso, collegavano l’Abruzzo al Tavoliere pugliese. All’Arcangelo Michele sono dedicate numerose grotte verso le quali i devoti si dirigono soprattutto in maggio, per assolvere ai voti e purificarsi con l’acqua o il fuoco sacro. Anche il culto della Madonna dell’Incoronata, come quello dell’Angelo, è risalito dalla Puglia all’Abruzzo lungo le vie della transumanza seguendo l’andirivieni dei pastori. Come accade per altri culti mariani, questa Vergine presenta la carnagione bruna, come si addice all’entità sotterranea che essa rappresenta.

FESTE CEREALI

A conclusione del grande ciclo agricolo, appena ultimata la trebbiatura del grano, tra la fine di luglio ed i primi di settembre, si festeggia il raccolto con l’offerta di donativi alla Madonna (in tutte le sue varianti) ed qualche santo taumaturgo. Come dispensatrice dei frutti della terra, la Madre di Dio, con i suoi molteplici nomi gode maggiormente gli onori dei devoti che le si raccomandano offrendole con gratitudine il “dono”, consistente in conche o carri, colmi di grano e di cibarie. Cortei analoghi si svolgono in onore di Santi particolarmente miracolosi quali San Donato, San Rocco e i santi Medici Cosma e Damiano.

Forme Rituali

Per illustrare meglio le caratteristiche espressive della ritualità tradizionale abruzzese sono stati individuati sei campi tematici, di introduzione generale: culti dell’acqua e della pietra; danze rituali; pellegrinaggi, corse e sfilate; forme teatrali e musicali; cibi rituali e tradizionali; fuochi rituali.

CULTI DELL’ACQUA E DELLA PIETRA

Quali elementi simbolici delle potenze sotterranee rigeneratrici, l’acqua e la roccia sono spesso presenti nella religiosità popolare e nei rituali che se conseguono. Per questo, i luoghi deputati a tale tipo di culto sono le grotte e i siti dove stilla acqua sorgiva. Nella cultura di tipo tradizionale, ogni sorgente è ritenuta portatrice di specifiche e differenti qualità taumaturgiche, riferite ai diversi santi protettori. Così, ad esempio, le polle d’acqua consacrata a Santa Scolastica la protettrice delle puerpere, portano abbondanza di latte materno; quelle di San Franco e San Venanzio, rischiarano la vista e guariscono le dermatosi e la sterilità. Strofinarsi contro le pareti di roccia delle grotte sacre, così come riportare terra e pietre nella propria abitazione, equivale a scaricare le energie negative a favore di un contatto rigenerante. Comunque, l’entità che più di ogni altra in Abruzzo esercita il patronato dell’universo sotterraneo, quindi dell’acqua e della pietra, è l’Arcangelo Michele. A lui risultano dedicate la maggioranza delle antichissime grotte-santuario, alcune di frequentazione preistorica, trasmesse al successivo culto cristiano ed è questi luoghi che tuttora i devoti attingono l’acqua stillante dalla roccia per scopi magico-terapeutici. La festa di San Giovanni Battista coincide invece con il solstizio d’estate ed in questo caso la venerazione popolare associa a tale entità il patronato sia dell’astro solare, che delle acque. La rugiada, il mare, i corsi d’acqua, al sorgere del sole di San Giovanni assumono poteri magici e terapeutici ed i devoti se ne servono per scopi molteplici.

FORME TEATRALI E MUSICALI

Tra gli aspetti rituali più interessanti e diffusi sul territorio abruzzese, si distinguono le tradizioni melodico-teatrali come i canti di questua e i drammi sacri. Eventi rituali di questo tipo caratterizzano soprattutto i festeggiamenti dedicati a Sant’Antonio Abate, che coincidono con il rinnovato percorso dell’astro solare, tra il 16 ed 17 di gennaio. I canti di questua in onore di Sant’Antonio Abate vengono tradizionalmente eseguiti da gruppi di cantori, detti “compagnie”, che dalla settimana precedente la festa, girano per le case di amici e parenti portando il “Sand’Anduone” e ricevendo, in cambio dell’esibizione, beni alimentari stagionali come uova e salsicce, che verranno consumati tra i partecipanti in un allegro cenone a festa conclusa. Le sacre rappresentazioni raccontano invece, in forma melodrammatica o umoristica, le vicende del Santo che si ribella alle tentazioni subite dal demonio. Durante il periodo della Settimana Santa in alcuni centri viene realizzata sulla piazza pricipale del paese, una drammatizzazione della “Passione”, dall’ultima cena alla crocifissione, selezionamdo gli attori tra i paesani. Al mattino della domenica di Pasqua, in alcune zone, si rievoca l’incontro della Madonna con il figlio risorto. A Sulmona, tale manifestazione è chiamata la “Madonna che scappa”, perchè la statua della Madonna prende a correre, quando scorge Gesù che la attende. Nel mese di maggio, in piena epoca primaverile sulla Majella, si svolge la sacra rappresentazione del “Miracolo del lupo”; un esorcismo collettivo contro le avversità della natura e le entità negative in genere. Altre drammatizzazioni estive hanno per protagonisti i pirati turchi e saraceni, che vengono sconfitti o convertiti ad opera dei santi miracolosi. Una segnalazione particolare, inoltre, meritano le compagnie costituie da tamburini e pifferai, chiamati “tamurrare” che annunciano e accompagnano con il loro repertorio tradizionale gran parte delle feste tradizionali del versante teramano del Gran Sasso.

PELLEGRINAGGI, CORSE E SFILATE

Tra la primavera inoltrata e la tarda estate prevalgono forme rituali collettive a carattere agricolo e pastorale, celebrative della fertilità della terra e delle greggi. Nel mese di maggio, abbondano i pellegrinaggi dedicati alla Vergine apportatrice di pioggia, come le “verginelle” ingioiellate della Majella. Percorrendo il tratturo dei pastori, si svolge un singolare pellegrinaggio guidato da una ragazza, che impersona Santa Gemma con il fuso e la rocca carica di lana da filare. Questi attributi specifici ed altri simbolici comportamenti rituali rimandano a forme di culto precristiane verso arcaiche entità femminili, frequenti soprattutto in area peligna. San Domenico Abate, protettore dai morsi dei cani rabbiosi e dei serpenti velenosi, ha assorbito le forme rituali dell’antica divinità dei Marsi: Angizia, alla quale erano sacri i serpenti. Per questo i “serpari”, a lui devoti, addobbano la statua con tali animali, prima di seguirla in processione. Comunque, tra i percorsi rituali prevalgono quelli diretti verso santuari e luoghi di culto rupestri, caratterizzati da aspetti rituali specifici connessi al tema della penitenza e della purificazione. I cortei e le sfilate che hanno luogo invece nel periodo che precede l’imminenza dei raccolti, sono da considerarsi rappresentazioni rituali propiziatrici della fertilità della terra-madre. Le origini di alcuni eventi festivi, come nel caso del “Sacro bue di San Zopito” risalgono, probabilmente, ad antichi riti primaverili per propiziare la “buona pioggia” per l’abbondanza dei raccolti, diffusi presso tutte le società agricole di tutte le epoche. Non a caso gli attributi specifici del bimbo “angioletto” che cavalca il sacro bovino, sono l’ombrellino “parasole”, i gioielli ed il fiore rosso stretto tra le labbra: simboli propiziatori di fertlità..

CIBI RITUALI E TRADIZIONALI

Qualsiasi cerimonia rituale prescrive l’assunzione sia collettiva che individuale, di cibi devozionali di vario tipo: dal semplice pane benedetto, ai dolci più disparati. Spesso, il loro aspetto esteriore suggerisce la loro intrinseca funzione simbolica a protezione specifica di qualche organo, come gli occhi di Santa Lucia o le pagnotte di Sant’Agata (protettrice delle mammelle e delle donne che allattano). Nel periodo natalizio, vengono fritti i “caggiunitte”, manicaretti di pasta sfoglia ripieni di marmellata e noci o di crema di ceci; si sfornano il “capitone” o il “cervone”, dolci in pasta di mandorle a forma di serpente spiraleggiante, animale simbolico legato alla grande madre terra, simbolo cosmico universale che rappresenta il ciclico rinnovamento della natura e quindi della vita. Altre cibarie vengono consumate invece per assumere la protezione di Sant’Antonio Abate, come i “panetti” o li “cillitte”, tipici del teramano. Sempre in periodo natalizio, nella Marsica, vengono celebrate cerimonie alimentari tra le più singolari, si organizzano banchetti come la “panarda” e si distribuiscono minestre di cereali bolliti, come i “cicerocchi”. Per San Sebastiano e San Biagio, si confezionano “panette” e “panicelle”, che le famiglie conservano come sacre reliquie e si consumano i “taralli” profumati con l’anice, per preservarsi dal mal di gola. Per la ricorrenza della Pasqua, in tutta la regione vengono confezionate pizze dolci e salate, alcune particolarmente allusive di abbondanza e fertilità, come quelle dedicate ai bambini: la “pupa” per le femminucce ed il “cavallo” per i maschietti. Il motivo simbolico del cuore è, ovviamente, riservato agli innamorati. Saccottini ripieni di cacio e ricotta, “fiadùne” e “scarselle”, completano il pranzo pasquale tradizionale, mentre i mostaccioli e le cialde “neòle”, “ferratelle”, “pizzelle” e “cancellate”, esulano dall’ambito rituale caretterizzando i differenti territori per celebrare feste e cerimonie familiari durante l’intero arco dell’anno.

DANZE RITUALI

Tra le forme rituali meno note, spesso inserite in contesti festivi complessi, si riscontrano alcune danze dalla probabile funzione propiziatoria. Caratteristica dell’Abruzzo è la “pupa”, un grande fantoccio in cartapesta riproducente fattezze femminili accentuate, attorno alla cui figura sono disposti petardi e mortaretti. L’interno cavo ospita un uomo che la animerà, ballando al ritmo dell’organetto, mentre esploderanno, in un crescendo fragoroso e fantasmagorico i fuochi pirotecnici. Nel teramano, invece, sopravvive un’antica danza del palo intrecciato: “il laccio d’amore”. Originariamente veniva eseguita in occasione dei carnevali e negli sposalizi, soprattutto quelli che venivano celebrati alla fine della bella stagione, dopo il raccolto. Di tipo marziale risultano, invece, quelle danze “saltarelle” cadenzate dal rullare dei tamburi, ballate dagli uomini, che devono sostenere lo stendardo processionale in equilibrio, sfidandosi.

FUOCHI RITUALI

Gran parte delle feste celebrate nel percorso temporale da un solstizio all’altro conservano, da millenni, l’uso del fuoco quale elemento simbolico emblematico per annunciare l’avvento della nuova stagione ed il ritorno progressivo della luce, generatrice di vita. A Scanno, per la festa di San Martino, si annuncia questa prossima rinascita con l’incendio di grandi torri lignee chiamate “glorie”. Inoltre, per la ricorrenza dell’Immacolata Concezione, lungo tutta la fascia costiera e collinare adriatica l’oscurità precoce della notte viene sconfitta da una costellazione “terrestre” fatta con grandi cataste infuocate ardenti dal tramonto della vigilia, all’alba dell’8 dicembre. Ma è con la notte di Natale, alla celebrazione del solstizio, che ardono i falò più spettacolari, alcuni dei quali bruceranno ininterrottamente fino all’Epifania. Altri fuochi giganteschi vengono accesi in onore di Sant’Antonio Abate, a metà gennaio ed in altri periodi cruciali, per propiziare la ripresa ed il rigoglio della vegetazione, come quelli di maggio che preludono alle “fiammate” di San Giovanni Battista, nel pieno splendore del solstizio estivo.