GAIO ASINIO POLLIONE

Gaio Asinio Pollione nacque nel 76 a C.; c’è chi afferma sia nato a Teate (l’odierna Chieti), allora capoluogo dei Marruccini e chi invece afferma che sia nato a Roma.
Conclusi gli studi a Roma iniziò ad occuparsi di politica, schierandosi apertamente con Cesare e forse fu con lui nella campagna gallica, certamente fu con l’imperatore sul Rubicone.
Velleio Patercolo cita ed esalta diversi “oratores” ed ai primi posti inserisce Asinio Pollione, definendolo “homine novo”, per il suo stile aulico, profondo e soprattutto importante per come ha interpretato la politica.
Sempre uomo di pace, fu nominato console nel 40 a. C., ma ben presto preferì ritirarsi a vita privata dedicandosi a scrivere tragedie e storie.
Asinio Pollione ha scritto le “Nova carmina”, tragedie varie, “Historiae” in 17 libri e delle lettere; ha composto le ecloghe, con toni molto elevati, usando sempre, come era nel suo stile, il concetto di “urbanitas”, intendendosi con questo termine il senso del buon vivere civile e corretto, avulso da lotte intestine e da quelle cruenti contro gli amministratori.
La buona politica ed il sano vivere civile erano sempre alla base della sua concezione di vita; Pollione infatti fu sempre amato per la poesia che soleva imprimere alla vita in generale, decantando luoghi e paesaggi dove secondo lui doveva scorrere il miele e l’amomo.
Vigilio aveva per lui alta stima, tanto da dedicargli la IV ecloga, come pure gli dedicò l’ecloga VIII; ha diffuso ed elogiato la sua opera in tutto il mondo, in quanto le tragedie di Pollione erano degne del coturno di Sofocle; di tale parere era anche il poeta Orazio, che più volte lo ha lodato per la sua musa tragica e gli ha consigliato di lasciare da parte la storia con i suoi fatti cruenti e sanguinosi, per dedicarsi meglio e più approfonditamente alle sue riflessioni politiche e poetiche.
Quindi ampia e totale considerazione sulle composizioni di Asinio Pollione, per la solennità del suo stile e per la profondità del suo pensiero.
In tutte le sue lettere egli confessa di essere sempre per la pace e sostiene che bisogna agire ed operare per evitare la guerra, la quale provoca sempre e comunque un danno allo Stato e soprattutto alla persona.
Le lettere di A. Pollione possiedono uno stile unico, corretto, controllato, nettamente superiore alla media dello stile epistolare della sua epoca, che invece era irruento e di parte; il suo stile, da Seneca il Vecchio, è definito strictus, cioè essenziale e chiaro e le sue sentenze albae, cioè semplici, trasparenti e soprattutto tanto armoniose per la purezza e la proprietà dei vocaboli.

a cura di Francesco Del Pozzo