GIUSEPPE CAPOGRASSI

(Sulmona 23/03/1889 – Roma 23/04/1956).
E’ stato un grande giurista italiano, eminente filosofo del diritto, docente e rettore universitario e membro della Corte Costituzionale.
Al centro dei suoi alti assunti filosofici e giuridici stà “L’esperienza giuridica”, intesa come riordinamento dello Stato e del diritto, dopo l’esperienza totalitaria del fascio.
Importante, per caratterizzare il pensiero ed il contributo di Capograssi, è la sua enorme statura di pensatore cristiano e l’espressione convinta e creativa di questo “commitment” nella sua prassi da giurista.
Il suo pensiero viene collocato all’interno dell’importante filone della filosofia del diritto rosminiana, sia per quanto riguarda gli elementi rosminiani stessi espressi in esso, sia per quanto al suo rapporto con Sergio Cotta, altro noto giurista italiano e coevo del Nostro.
Capograssi ha teorizzato “la dottrina dell’esperienza giuridica” con la centralità dell’azione della volontà dell’agente, il suo vero oggetto di interesse; in base a questo presupposto, per il nostro filosofo, la filosofia del diritto deve occuparsi della vita e dell’azione.
Quindi pensatore e studioso dell’individuo, dei suoi bisogni, della sua esperienza quotidiana ed ordinaria, al suo farsi attraverso le forme e le istituzioni della vita e della storia umana.
Capograssi è convinto che il pensiero debba muovere da una paziente interrogazione dell’essere delle cose per intravedere “la ragione assoluta” che in esse è riposta.
Il vero filosofo, in altri termini, deve senz’altro far proprio “una specie di vasto e soave francescanesimo del pensiero, attraverso il quale tutte le cose sono scoperte con benevolenza”: è questa “sofferta esperienza di santità” ad aprire la sua mente alla conoscenza più piena, impedendo “di portare esclusioni nella cognizione delle cose”.
Ecco perché, parafrasando il Poincarè, Capograssi invoca la “fede nella scienza, la libertà intera e assoluta della scienza”, la quale non va imbrigliata ma ricondotta a se stessa: grande opera di pensiero che ha in sé la capacità di rendere migliori gli uomini e che non ha bisogno di altro che di libertà e di conoscenza, come la poesia.
Per concludere questa pagina un episodio sulla sua vita cristiana.
Giuseppe Capograssi, appagato e pieno di gioia di fronte ad un piatto di stelline in brodo, bevuto caldo insieme ad un buon bicchiere di vino bianco frizzantino, quando il sacerdote gli stava imponendo l’ultimo viatico, a questi che gli amministrava il sacramento dell’estrema unzione, mormorò ad esso alcune parole che lì per lì non si compresero bene, ma che invece quasi subito dopo furono ben chiare al ministrante e cioè “Giuseppe Capograssi”; pensava che il Signore non lo avesse presente in quel momento e quindi si era umilmente presentato.
Ma siamo più che certi che il Dio della gloria lo abbia senz’altro riconosciuto.

a cura di Francesco Del Pozzo