VOLTIGNO
22 Marzo 2021
RISERVA NATURALE VALLE DELL’ORFENTO
22 Marzo 2021


ATRI

Gli inestimabili episodi d’architettura e d’arte e le antichissime testimonianze del suo nobile passato, immersi nel raccolto centro storico, fanno di Atri un autentico museo all’aperto: nella meravigliosa cattedrale si cela il capolavoro del grande pittore Andrea Delitio.

Piccolo gioiello dell’entroterra teramano, l’antica Hatria è adagiata su un’altura fra il Vomano e il Piomba, con spettacolare vista sul mare, in un paesaggio profondamente inciso dai caratteristici calanchi, oggi tutelati dalla Riserva Naturale Guidata dei Calanchi di Atri, che solcano l’arenaria e che conferiscono al paesaggio un aspetto quasi irreale.

Probabile sede di un antico insediamento fortificato preromano, fu una città la cui importanza e vivacità sono testimoniate dai numerosi ritrovamenti venuti alla luce in questi anni. Basti pensare che Atri godeva del privilegio di poter coniare monete, caratterizzate dalla scritta HAT, considerate tra le più antiche e rare; questo ci racconta dell’avanzata civiltà e della fiorente attività commerciale della cittadina.

I segni più evidenti della Atri romana sono quelli di epoca imperiale, uno dei momenti di massimo splendore della città: antico testimone dell’età augustea è il grande anfiteatro romano, celato per secoli al di sotto dell’ex orfanotrofio, cui si aggiungono altri tesori nascosti come la cisterna romana sotto la cattedrale o le Terme, riportate alla luce nell’area prospiciente il duomo. È il Museo archeologico civico capitolare “De Galitiis-De Albentiis-Tascini”, di recente apertura in via dei Musei, a custodire le numerose testimonianze archeologiche della città e del suo territorio.

I ritrovamenti principali relativi a quest’epoca si concentrano nell’area dell’attuale corso Elio Adriano: il suo tracciato collega, oggi come nel passato, i due poli principali della cittadina, l’odierna piazza del Comune, zona dell’antico Foro, e la piazza Duomo. Visitare un luogo come Atri, in un breve percorso significa ricevere innanzitutto “una violenta impressione visiva” scrive Giorgio Manganelli in un suo reportage, “qualcosa che coinvolge, stupisce, dà emozioni sapientemente articolate”. Se dalla Villa Comunale, incantevole parco-giardino all’italiana, imbocchiamo via Roma giungiamo subito in piazza Duomo, gioiello nel gioiello: qui si resta letteralmente rapiti dalla maestosa mole della cattedrale di Santa Maria Assunta, vero scrigno di tesori. Fondata su antiche strutture di epoca romana, fu poi trasformata e ampliata tra gli ultimi decenni del Duecento e i primi anni del Trecento. Ci accoglie la geometrica facciata in pietra a terminazione orizzontale, con al centro il bel portale di scuola atriana sormontato da un elaborato rosone.

Di grande effetto è il fianco meridionale impreziosito dai ricchi portali di Raimondo del Podio e Rainaldo Atriano, databili fra il 1288 e il 1305. Svetta sulla città il campanile, iniziato intorno al 1268, ma concluso da Antonio da Lodi alla fine del Quattrocento con l’aggiunta del torrino ottagonale cuspidato, prototipo di numerosi campanili del teramano. Si resta colpiti dalla sacra monumentalità dello spazio interno, a tre navate, senza transetto né abside. Ma è nello spazio voltato del coro che si svela un’autentica meraviglia: le pareti attorno all’altare e gli ultimi quattro pilastri sono infatti illuminati dallo strepitoso ciclo di affreschi che Andrea Delitio di Lecce dei Marsi, il più importante pittore del Rinascimento abruzzese, dipinse nella seconda metà del Quattrocento. Sono pure notevoli il battistero e la cappella Acquaviva, opere rinascimentali di Paolo de Garviis, e l’affresco duecentesco del Contrasto dei vivi e dei mortiche possiamo ammirare sulla parete in fondo alla navata sinistra. Una grande cisterna di epoca romana, del II secolo d.C., poi trasformata in cripta, è raggiungibile attraverso il chiostro duecentesco: lo spazio fu impreziosito, tra il ’300 e il ’400, da pregevoli affreschi. Dal chiostro si accede anche al Museo Capitolare che conserva pregevoli dipinti, oreficerie medievali e rinascimentali, sculture lignee, una nutrita collezione di ceramica abruzzese, paramenti sacri, arredi lignei, codici miniati e incunaboli. È qui particolarmente preziosa la quattrocentesca scultura raffigurante Madonna col Bambino attribuita a Luca della Robbia.

Uscendo all’esterno, sul fianco destro della cattedrale, è la notevole cappella di Santa Reparata,riedificata in forme barocche nel 1741 su progetto del celebre architetto e stuccatore lombardo Giovan Battista Gianni, attivissimo in Abruzzo tra Seicento e Ottocento. Lo spazio centrale fa da scenografica cornice a un ricco baldacchino ligneo (originariamente collocato nell’adiacente cattedrale) opera dell’intagliatore atriano Carlo Riccioni (1677), che richiama in scala ridotta quello della basilica di San Pietro in Vaticano. Nella piazza, dal lato sinistro della cattedrale, si distende l’elegante porticato di Palazzo Mambelli, mentre a destra è il Palazzo Vescovile, edificato nel 1570 per volere del vescovo Paolo Odescalchi, con un bel portale bugnato. Attiguo al Palazzo Vescovile è il Seminario Diocesano, eretto nel 1580 ma oggi nella veste del restauro settecentesco. Di fronte alla cattedrale troviamo quindi l’ottocentesco Teatro Comunale, gioiello ancora perfettamente conservato e utilizzato per le stagioni teatrali e musicali. Il salone del teatro ospita l’Archivio-Museo dedicato al musicista Antonio Di Jorio (1890-1981) di Atessa: oltre alla curata sezione espositiva vi troviamo tre sezioni cartacee con numerose opere manoscritte, un ricchissimo epistolario e la biblioteca privata del maestro.

Lungo il corso principale si susseguono autentiche meraviglie: incontriamo subito la trecentesca chiesa di Sant’Agostino, oggi utilizzata come auditorium, dove spicca il ricco portale a carena, eseguito da Matteo da Napoli intorno al 1420. All’interno possiamo ammirare ancora una volta un’opera di Andrea Delitio, un affresco sulla controfacciata incluso in una bella edicola, raffigurante la Madonna con il Bambino tra San Giovanni Battista e Sant’Agostino, risalente secondo Ferdinando Bologna ai primi tempi dell’attività atriana di Delitio. A destra, su una scenografica scalinata, si impone la chiesa di San Francesco, ricostruita nel 1715 sul più antico edificio due-trecentesco, di cui si conservano preziosi resti e a pochi passi, sulla vasta piazza Marconi nel sito dell’antico Foro, si staglia il maestoso Palazzo ducale Acquaviva, residenza nobiliare della potente famiglia che dominò Atri dal Trecento al Settecento. Distribuito attorno a un elegante cortile loggiato, oggi ospita la sede del Municipio e il Museo Didattico degli Strumenti Musicali Medievali e Rinascimentali, con una ricca collezione di strumenti, ricostruiti su basi storiche, utilizzati dall’VIII alla fine del XVI secolo.

Un’altra sorpresa è la chiesa medievale di San Nicola, che incontriamo poco più avanti nel largo omonimo: riedificata nel 1256 su un più antico edificio, conserva sulla parte sinistra della controfacciata un prezioso affresco di Andrea Delitio raffigurante la Madonna di Loreto con i santi Rocco e Sebastiano,accostabile per l’elevata qualità d’esecuzione al ciclo della cattedrale. Proseguendo poi lungo via Picena, raggiungiamo largo Santo Spirito dove si affaccia l’omonima chiesa: qui risaltano le possenti muraglie del bastione in laterizio della trecentesca Rocca di Capo d’Atri, sopravvissute alle distruzioni per mano degli stessi atriani nel 1414. Da qui possiamo riprendere il cammino lungo la balconata delle ripe, dove si apre allo sguardo la vallata del Vomano.

Tornando verso il duomo imbocchiamo via Cicada dove ammiriamo lo splendido portale trecentesco della chiesa di Sant’Andrea e, poco più lontano, ai margini dell’abitato medievale, troviamo la chiesa di San Domenico, fondata sul finire del Duecento ma poi trasformata: sulla facciata spicca il bel portale che segue lo schema atriano del portale principale della cattedrale. Ma a sinistra della chiesa è singolare il portale a sesto acuto di splendida fattura, unico elemento sfuggito alle manomissioni degli ambienti conventuali, che richiama l’architettura duecentesca svevo-federiciana: si tratta forse di un prezioso frammento di quella che è stata individuata come la “domus regia” di Federico II, complesso edilizio civile di grande pregio, poi scomparso. Se sono scarse le tracce della cinta fortificata tardoduecentesca, restaurata e potenziata dal Trecento al Cinquecento e in gran parte smantellata tra Ottocento e Novecento, è ancora ben conservata, a ridosso della chiesa da cui prende il nome, la Porta di San Domenico, restaurata intorno al 1528, sormontata da una lapide con stemma degli Acquaviva. La nostra visita al borgo non può concludersi senza aver fatto almeno una breve sosta in piazza San Pietro al Museo Civico Etnografico, che racchiude un patrimonio quasi sconosciuto legato alla cultura popolare del territorio e della città.

Tratto da Carsa – Borghi & Paesi d’Abruzzo